Il blog del corso di scrittura giornalistica I - Università di Cassino, facoltà di Lettere e filosofia

sabato 3 maggio 2008

Facciamo il punto

Che cosa abbiamo appreso durante queste prime tre lezioni (più un’esercitazione)? Spetta innanzitutto a voi dirlo. Anche io però ho provato a fare il punto sul significato d’insieme del discorso che abbiamo fatto fin qui. Mi sembra che il concetto più importante stia nel fatto che prima di scrivere, o quantomeno contestualmente all’atto della scrittura, l’autore valuta in maniera più o meno consapevole alcuni parametri. Vediamoli:

1) che cosa racconto. Ovvero, quale scampolo di realtà trasformo in una notizia. È una scelta che il più delle volte, all’interno delle redazioni, avviene in una dimensione collettiva. Ci sono dei criteri che guidano i giornalisti a capire quali sono i fatti più importanti della giornata, si chiamano “valori notizia” ma ne parleremo più avanti. Se però volete intanto farvi un’infarinatura… c’è il link qui sotto.
DISPENSE: i valori notizia

2) a chi lo racconto. È il problema del destinatario, sintetizzabile in una frase a noi ormai nota (“il primo passo dipende dall’ultimo”). A seconda del profilo dell’enunciatario varia sia il linguaggio (pensate a com’è diversa la morfologia del periodo in una rivista per ragazzi da quello dei quotidiani economici…), sia la maniera stessa di interpretare la notizia (ma su questo vedi il punto 4).

3) attraverso quale medium lo racconto. Anche il medium condiziona il linguaggio rendendo assai diverso il testo composto per una testata che fornisce contenuti informativi via sms da un trimestrale d’approfondimento. Il fatto stesso di scrivere ci predispone verso una sintassi e verso tematiche diverse da quelle che affrontiamo parlando: la critica alla ragion pura di Kant avrebbe difficilmente visto la luce in un contesto di pura oralità (e comunque io non l’ho ancora capita).
DISPENSE: le tipologie di attacco

4) perché lo racconto. Esiste un perché rivolto all’indietro, che riguarda i criteri di notiziabilità di cui parlavamo nel punto 1. E un perché rivolto al futuro, intenzionale, che riguarda cioè gli obiettivi per cui racconto una determinata storia. Ogni narrazione contiene del resto una scelta prospettica da parte del giornalista, una tesi di fondo che ne determina il senso: chi è il protagonista della vicenda che sto narrando, il soggetto del programma narrativo che sto descrivendo, chi svolge funzioni di antisoggetto? Qual è l’oggetto di valore che le due figure attanziali si contendono? Quali valori verranno esplicitati attraverso la sanzione? Su quale delle quattro fasi del programma narrativo mi concentro?
DISPENSE: la semiotica semionarrativa

Anche se con una diversa articolazione si ripropongono, insomma, le tre domande cruciali della progettazione mediale: per chi, per cosa, in quale contesto.

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