Il blog del corso di scrittura giornalistica I - Università di Cassino, facoltà di Lettere e filosofia

domenica 6 maggio 2007

Sotto il pelo dell'acqua


Le parole? Sono come la punta di un iceberg. Sotto la scrittura, prima della manifestazione discorsiva, si nasconde infatti la struttura profonda del racconto. In aula abbiamo provato ad esplorarla alla luce degli studi sulla semiotica semionarrativa di Algirdas Julien Greimas: un semiologo di origine lituana, ma trapiantato in Francia, scomparso a Parigi nel ’92, che ha ripreso la morfologia della fiaba di Propp elaborando una propria teoria sulla “struttura attanziale del racconto”. Volete guardarlo in faccia? Beh… qui trovate una sua foto. Ma adesso proviamo a riassumere la sua analisi sulla narratività che ci aiuta a comprendere la struttura profonda del testo giornalistico.

Secondo Greimas ogni testo risponde ad un modello generale nel quale si proietta il “programma d’azione” (o “programma narrativo”) di un “soggetto” che vuole raggiungere un “oggetto di valore” sottratto da un “antisoggetto”. Fra il soggetto e l’oggetto di valore si frappongono una serie di prove (proprio come nel racconto di fiaba analizzato da Propp, quando l’eroe deve liberare la principessa) da attraversare durante la fase della “performanza”. Prima di intraprendere questo percorso però il soggetto deve dotarsi di alcune “competenze”. Deve cioè prepararsi ad affrontare le prove che lo attendono, perché possa ricongiungersi con l’oggetto di valore, recuperando l’equipaggiamento necessario… E prima ancora deve essere motivato ad affrontare questa esperienza durante una fase che si chiama “manipolazione”: il soggetto cioè viene indotto da un “destinante” (o si autoinduce) ad entrare in un determinato programma narrativo.


Facciamo un esempio: se raccontiamo la storia di un alpinista che scala una montagna, la fase della competenza corrisponde alla preparazione atletica, alla preparazione dell’equipaggiamento e al viaggio verso il campo base… La performanza invece è la scalata della parete di roccia in cui si manifesta l’azione vera e propria, durante la quale si realizzano tutte le condizioni create nelle fasi precedenti. L’obiettivo della sua impresa è il desiderio di superare se stesso, di vincere una prova: l’oggetto concreto che rappresenta questo valore astratto è la vetta della montagna che assume perciò il ruolo dell’“oggetto di valore”. E alla fine? Esprimerà la propria soddisfazione per essere riuscito (o si lamenterà per il fallimento) nella quarta fase dello schema narrativo canonico che si chiama “sanzione”. Capito? Schematizziamo le quattro fasi:



  • Manipolazione: il destinante induce il soggetto a percorrere un programma narrativo (attraverso una promessa, una minaccia, un tentativo di seduzione o una provocazione)

  • Competenza: il soggetto si dota dell'equipaggiamento per compiere il programma narrativo e per ricongiungersi con l’oggetto di valore. Le competenze di base si dividono in modalità virtualizzanti (volere o dovere fare qualcosa) e attualizzanti (sapere e potere fare qualcosa).

  • Performanza: è la prova principale affrontata dal soggetto, la fase in cui si realizzano tutte le condizioni create nelle fasi precedenti. È l’azione vera e propria

  • Sanzione: il destinante, o altre figure attanziali (compreso lo stesso soggetto) giudica l'operato del soggetto valutandolo rispetto al mandato iniziale

Ma non finisce qui... in ogni programma narrativo (e quindi in ogni storia che si racconta…) ci sono figure che si oppongono al soggetto e altre che l’aiutano… Nell’analisi di Greimas, che in questo punto si ispira direttamente agli studi di Propp, i primi si chiamano “opponenti” e i secondi “aiutanti”. Nell’articolo che abbiamo letto in aula, quello della bambina alla quale è stato rubato il cane, «l’uomo dal ventre prominente e l’aria piuttosto malandata» è l’antisoggetto che ha sottratto l’oggetto di valore alla bambina (che svolge però una funzione manipolatoria nei confronti di tutta la macchina comunale che si impegna per ritrovare Fiocco). Strada facendo, prima del ritrovamento, tutte le condizioni al contorno che sostengono il ladro svolgono funzione da opponenti. Mentre la mamma della bambina, i volontari ecc. che invece facilitano la ricerca del cane rubato svolgono funzione da aiutanti. Schematizziamo anche i ruoli attanziali:



  • Soggetto: vuole ricongiungersi con l’oggetto di valore attraverso un programma narrativo

  • Oggetto di valore: concretizza il valore astratto verso il quale tende il soggetto

  • Antisoggetto: ha sottratto (o vuole sottrarre) l’oggetto di valore al soggetto e segue un anti-programma narrativo

  • Aiutante: sostiene il programma narrativo del soggetto

  • Opponente: contrasta il programma narrativo del soggetto

  • Destinante: premia o punisce il soggetto al termine del programma narrativo

Sulla base di questo schema è possibile descrivere la dinamica di qualunque racconto, anche nel caso in cui i personaggi siano collettivi, inanimati o concettuali: in un corteo per esempio i manifestanti sono il soggetto, il fine per cui scendono in piazza (la difesa dell’ambiente) è l’oggetto di valore, le fabbriche inquinanti contro cui protestano possono essere interpretate come l’antisoggetto… Se raccontiamo un uragano, invece, i soggetti possono diventare le persone che cercano di salvarsi (la sopravvivenza diviene dunque il loro oggetto di valore), l’evento che li minaccia (vi ricordate di Katrina?) si può interpretare come l’antisoggetto… e nelle fasi intermedie, durante la performanza, intervengono a seconda dei casi gli aiutanti o gli opponenti. Ma adesso fermiamoci un attimo. Avete delle domande? Cliccate qui (oppure lasciate un commento)

1 commento:

Anonimo ha detto...

La ricomposizione temporale della narrazione.

di LAURA TUSSI

Le potenzialità del racconto autobiografico come dimensione pratica e temporale nell’esperienza di armonizzazione e coerentizzazione dei tempi di vita delle storie esistenziali, descrive e interiorizza connessioni logiche e causali tra episodi, eventi e trame narrative, nella costruzione di intrecci esistenziali con trasformazioni ed alternanze individuabili nel soggetto narrante, nel ruolo centrale della correlazione tra intreccio e personaggio, che definisce l’identità narrativa del soggetto espositore, raccontata e l’identità della storia che determina l’identità del personaggio. La correlazione fra intreccio e personaggio permette l’individuazione del momento apicale di una dialettica interna al ruolo del narratore costituendo un’identità autobiografica dove il tempo della narrazione coincide con quello della ricomposizione. L’autobiografo trae la personale caratterizzazione specifica dall’unità della sua vita secondo una linea di concordanza come totalità temporale che durante la linea di discordanza è minacciata dall’effetto perturbatore e dirompente degli eventi imprevisti di cui è costellata. La sintesi discordante e concordante obbedisce ad una necessità retroattiva della contingenza dell’evento su cui si connette e si modula l’identità del narratore. La rappresentazione della realtà del racconto autobiografico in forma esplicativa e narrativa presenta aspetti semantici e permette di accostarsi al soggetto della storia di vita e alla nozione di identità narrativa, nella possibilità di comprensione e decodificabilità degli eventi nella duplice valenza temporale e semantica, garantendo una continuità alla sequenza temporale tramite un processo di ristrutturazione semantica. La duplice valenza, temporale e semantica rielabora nel corso della narrazione il rapporto tra i molteplici tempi attraversati dal soggetto. L’atto del narrare e il racconto della molteplicità temporale di eventi ed episodi in tempi diversi, ricerca un ordine cronologico, permettendo di attribuire senso e significato ai vissuti, in modalità soggettive e individuali. L’incontro tra tempi oggettivi e soggettivi, attraverso un costante procedimento di risignificazione, avanza la narrazione su un duplice registro temporale e semantico nel gioco dialettico fra differenti tempi riconosciuti nel racconto autobiografico. La narrazione della propria vicenda esistenziale non è solo tentativo di ricostruire il personale disegno autobiografico, tramite un ossessivo recupero di ricordi e frammenti, in nome di un’esaustività del racconto, ma anche considerando la qualità del rapporto che il soggetto intrattiene con il proprio tempo. Il racconto della propria storia di vita, lontano da logiche efficientistiche, viene proposto come momento qualitativamente unico e singolare di riedizione di significato nei momenti apicali dell’esistenza, relativamente ai propri ritmi metabletici di cambiamento e di evoluzione nel riconoscere appartenenze, tramite l’individuazione di sviluppi qualitativi verso cui progettarsi. Il tempo della narrazione risulta dunque momento della ricomposizione, non dei frammenti, per raggiungere la completezza, ma riabilitare il soggetto intrinsecamente storico, perché si ritrovi in un tempo originario, in svolte e ritmi più significativi a livello esistenziale nella ricerca di unità e appartenenza. La narrazione tramite l’attuazione della reversibilità semantica della personale storia di vita nella pratica di riappropriazione di un disegno autobiografico di nessi, legami e intuizioni oltre il flusso temporale lineare, si presenta in connessione causale.

LAURA TUSSI