Il blog del corso di scrittura giornalistica I - Università di Cassino, facoltà di Lettere e filosofia

giovedì 18 ottobre 2007

Congratulations Al


Beh, ormai dovreste saperlo tutti… Al Gore, ex-vicepresidente degli Stati Uniti e
protagonista del film An inconvenient truth (Una verità scomoda), ha vinto il Nobel per la pace. Penso che sia la notizia d’argomento ambientale più importante dell’anno perciò vale la pena di rilanciarla anche dal nostro blog. Qui accanto trovate la copertina de "La Nuova Ecologia" dello scorso gennaio, dove abbiamo pubblicato un’intervista a Gore che potete leggere a questo link. Insomma, abbiamo visto lungo… Ma c’è di più. La sera prima dell’annuncio mi trovavo a Torino per il festival Cinemambiente. Si presentava “The 11th Hour” (L’undicesima ora), un film con Leonardo Di Caprio dedicato agli sconvolgimenti climatici, e gli organizzatori mi hanno chiesto di dire qualcosa prima della proiezione. Ora io non sapevo bene che cosa dire, non ero affatto preparato ad una cosa del genere… E così ho pensato di chiedere alla platea un applauso benaugurante perché il Nobel venisse assegnato la mattina dopo a Gore. Ho portato bene, no? Peccato che il film di Di Caprio, nonostante le buone intenzioni, non mi sia piaciuto affatto. È piuttosto noioso, non credo che potrà avere successo dalle nostre parti, anche se negli Stati Uniti ha incassato in due mesi più di 700.000 dollari, che per un documentario non sono affatto male… Questo è il mio giudizio di sentesi su “Europa” di sabato scorso:


Film meno scolastico, ma allo stesso tempo più granitico, di quello realizzato da Gore. Ci sono le immagini del pianeta assediato dal global warming, montate con smaliziatezza quasi televisiva dalle sorelle Conners, due registe californiane che producono videoclip a sfondo sociale. Poi una lunga serie di interviste a scienziati e leader politici che spiegano le cause delle alterazioni climatiche e prefigurano il tramonto dell’umanità. Infine lui, Leonardo, che invita di tanto in tanto gli spettatori a cambiare stile di vita. Riuscirà ad ottenere nelle pratiche individuali quello che Gore ha provocato nel dibattito internazionale? «“L’undicesima ora” sfugge all’impotenza e al nichilismo che spesso l’accompagna, lanciando un appello alla nostra ragione» commentava qualche settimana fa il New York Times. L’impressione però è che si tratti di un’occasione persa per rilanciare al pubblico globale, in maniera positiva e convincente, la scomoda verità del messaggio ecologista.
Troppo severo? Se vi capiterà di vederlo (in Italia dovrebbe uscire a gennaio) mi direte la vostra. Invece un film molto bello che ho visto a Torino è “China Blue” di Micha Peled, un regista israeliano emigrato (sembra in autostop) negli Stati Uniti. Racconta la storia vera di una giovane cinese, Jasmine, che lascia la sua famiglia in campagna per cercare lavoro in città. E finisce in una delle tante aziende tessili, vicino Canton, che producono abiti a bassissimo costo. Il documentario, girato in larga parte clandestinamente, ci accompagna nella giornata di Jasmine e delle sue amiche, tutte adolescenti, che lavorano fino a 16 ore al giorno per cucire pantaloni. Un film che colpisce al cuore ma che fa anche riflettere molto… Se volete saperne di più date un’occhiata a questo link: www.pbs.org/independentlens/chinablue.

martedì 9 ottobre 2007

Il giornalismo può essere oggettivo?

La domanda è riemersa oggi durante un incontro (il primo…) con gli studenti del corso di giornalismo “Laura Conti”, organizzato da “La Nuova Ecologia”. Devo dire che ogni volta mi capita di introdurre alla scrittura giornalistica attraverso la semiotica narrativa il quesito si ripresenta con buona puntualità… Ma insomma, mi viene detto, se il senso di ogni storia dipende innanzitutto dal punto di vista del narratore, se la “fatale prospetticità” del giornalista (come la definisce Umberto Eco) diventa una regola del gioco, che fine fa l’oggettività? Non rischiamo di avallare un giornalismo di parte, che strumentalizza le storie e ne flette il senso a seconda del sistema di valori, dell’ideologia di chi scrive (o, peggio, di chi edita)? Sulla questione, come potrete immaginare, fra giornalisti si è discusso (e si discute) a lungo. Voglio ragionarci ancora un po’ sopra… L’oggettività, mi viene da dire, è un o obiettivo verso il quale noi giornalisti dobbiamo tendere. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che nessuno di noi, fuori e dentro il giornalismo ambientale, può definirsi depositario della verità. Il nostro valore di riferimento deve essere l’onestà nei confronti del lettore e delle fonti che utilizziamo, dobbiamo riferire storie ben circostanziate senza omettere (o distorcere) particolari di cui siamo a conoscenza. Abbiamo anche il dovere, dettato dalla deontologia, di sentire la controparte. La differenza, allora, sta forse tra le storie ben circostanziate, di cui il giornalista determina inevitabilmente il senso, e quelle in cui le fonti o le informazioni vengono manipolate per sostenere una tesi preconcetta. Ma mi piacerebbe sentire anche opinioni diverse e articolare ulteriormente il discorso…