Il blog del corso di scrittura giornalistica I - Università di Cassino, facoltà di Lettere e filosofia

domenica 27 giugno 2010

Oggi parliamo… dei titoli


A che cosa servono i titoli? Semplice. A fare in modo che i lettori risparmino tempo nella selezione dei contenuti. Basti pensare che per leggere un intero quotidiano occorrerebbero circa quattro ore, invece in media gli italiani dedicano 20 minuti alla fruizione del giornale. La scelta, al di là delle notizie “strillate” in prima pagina, avviene innanzitutto sulla base dell’argomento: ad alcuni lettori interessa in prima battuta la cronaca, ad altri lo sport, ad altri ancora gli esteri… Poi, una volta che si comincia a sfogliare il giornale, compiendo un altro passo verso le storie collazionate al suo interno, entrano in gioco i titoli che rappresentano innanzitutto dei “punti di ancoraggio” visivo per chi legge: i titoli svolgono in qualche modo una funzione simile a quella delle immagini, intorno a questi elementi si articola l’organizzazione plastica della pagina, i lettori leggono il sistema dei segni verbali come fosse una “mappa” e cominciano poi a decodificarne il significato. Fra le ragioni che spingono i lettori verso una direzione o l’altra ci sono infine i “tipi di contenuto”, vale a dire gli articoli di cronaca, le fotonotizie, le interviste, i reportage… Anche questo fattore influenza la scelta dei lettori: un’intervista generalmente è interessante perché raggiunge un alto livello di immediatezza, i reportage (specialmente sui quotidiani) richiedono tempo e una certa disposizione mentale, sulla free-press godono di grande fortuna le notizie brevi… I contenuti di taglio breve, compresi i microcontenuti che accompagnano le immagini o l’infografica, godono generalmente di grande fortuna.

Dialogo intertestuale
Il titolo rimane in ogni caso un nodo strategico nella relazione fra chi scrive e chi legge: qui giungono al punto di maggior sintesi le narrazioni che i giornalisti hanno composto all’interno degli articoli, esplicitandone il senso una prima volta nell’attacco e approfondendolo, a più riprese, nei paragrafi che seguono, lungo la cosiddetta parte referenziale dell’articolo. Grazie ai titoli il programma narrativo, vale a dire la struttura profonda della storia, emerge nella sua forma più immediata. Anche perché il titolo serve anche a “vendere” la storia, a renderla interessante, a fare in modo che si guadagni uno spazio più o meno ampio nell’attenzione dei lettori. Questo livello della narrazione corre parallelo agli altri: i titoli di solito vengono composti da autori diversi rispetto a quelli che realizzano gli articoli, anche i lettori passano spesso da una titolo all’altro prima di scendere al livello dell’articolo. Attraverso i titoli i giornali “dialogano” fra loro, spesso anche saltando da un medium all’altro (il titolo di un quotidiano può alludere a quello del telegiornale… e viceversa), si realizzano così delle dinamiche intertestuali, allusive e conversazionali all’interno del sistema di cui il giornale fa parte.

Gli elementi della titolazione
Per realizzare questi obiettivi sono cruciali le competenze del titolista. A lui spetta il compito di riportare il maggior numero d’informazioni, estrapolandole dall’articolo, nella forma più sintetica e gradevole possibile. Come si fa? Innanzitutto vediamo quali sono gli elementi che compongono il titolo, nella sua struttura tradizionale, dall’alto verso il basso:

l’occhiello (uno o più periodi che scorrono sopra il titolo);

il titolo vero e proprio (con dei caratteri più grandi, la cui dimensione varia in proporzione all’importanza della notizia),

il sommario (sotto il titolo, anche qui uno o più periodi).

Esiste infine, almeno in alcuni giornali d’impianto tradizionale, il cosiddetto “catenaccio” che aggiunge altri elementi al sommario, disposto su più righe (da cui il nome).


Si dice di solito che l’occhiello presenta la notizia, il titolo la espone e il sommario la chiarisce. In realtà l’occhiello è un elemento residuale, utile più che altro a completare graficamente la pagina, tanto che nei giornali on line non esiste praticamente più e anche nella free press (il più giovani dei “vecchi” media…) è piuttosto raro. Le informazioni più importanti, quelle che inquadrano il focus della notizia, stanno nel titolo, il sommario aggiunge alcuni particolari precisando e circostanziando i fatti secondo la regola delle cinque W (ricordate? Quella che aiuta a capire se stiamo inserendo gli elementi costitutivi della notizia). L’occhiello contiene infine aspetti marginali, aggiuntivi rispetto al fatto che si sta raccontando, di cui il lettore potrebbe anche fare a meno senza che il senso della storia risulti compromesso.

Fra i diversi elementi della titolazione è importante che non ci siano ripetizioni o ridondanze: la “biodiversità” del lessico deve essere molto elevata, se utilizziamo un termine nel titolo non può tornare nell’occhiello o nel sommario. A rigore, all’interno della stessa pagina bisognerebbe evitare le ripetizioni: per il lettore la padronanza del lessico da parte del giornalista, il fatto che sappia ricorrere a sinonimi o perifrasi, è un sintomo di affidabilità e di padronanza degli argomenti.

Tipi di titolo
I titoli, secondo il manuale di Papuzzi, si distinguono in enunciativi e paradigmatici. È una definizione molto utile anche per capire come si compongono: i primi raccontano una storia, la riassumono in una forma breve, contengono in genere delle forme verbali. I secondi invece si prestano a mediare gli aspetti emotivi o interpretativi della notizia e si centrano prevalentemente su un’immagine estrapolata dal suo interno. Per comporre un titolo narrativo si può insomma cominciare individuando le parole chiave della storia, concatenandole attraverso una forma verbale:

Mafia, arrestato Giovanni Falsone:
il boss era latitante da undici anni


In questa caso vediamo una parola chiave (keyword) incorporata nel titolo con il fine di tematizzarlo (sappiamo subito che si parla di mafia), a seguire con un participio passato e un imperfetto vengono raccontati i due risvolti della notizia (la performanza e le fasi che la precedono).

Vediamo un altro esempio:

Negli States arriva il salmone Ogm
Il super-pesce sta per sbarcare sulle tavole americane. Un anno e non tre per raggiungere il peso forma


Anche in questo caso la notizia è presentata con chiarezza, sono evidenti già nella prima riga almeno che cosa accade, dove e quando. Una forma verbale (“arriva”) regge gli altri elementi costitutivi della notizia mentre nel sommario si esplicita un aspetto collaterale (vale a dire il fatto che il salmone ogm diventa commestibile assai prima di quello ordinario).

Per comporre un titolo paradigmatico, finalizzato a un effetto maggiormente emotivo, investiremo invece su un’immagine forte che emerge dalla storia, componendo un titolo nominale (vale a dire senza verbi):

Albania beach
Acque limpide e bunker sulla spiaggia. Ma non è un Paese per schizzinosi


È un titolo che evoca un luogo e in qualche modo la dimensione della vacanza (attraverso un gioco di parole che richiama la famosa località balneare americana Miami beach) ma non ci spiega con chiarezza il senso della storia, per comprenderlo dobbiamo ricorrere agli altri elementi della titolazione, vale a dire il sommario.

Ancora un esempio di questo genere:

Biaggi, giorno da re
Il pilota romano si aggiudica sia Gara-1 che Gara-2 del Gp di San Marino, ottava tappa del campionato. Ora allunga nella classifica iridata. "Sono felice, non me l'aspettavo"


Basta l’immagine evocata dal titolo per capire che Max Biaggi ha ottenuto un importante successo sportivo. Certo, non sappiamo che cosa è effettivamente accaduto ma in questo caso è più importante investire sugli aspetti emotivi e celebrativi della notizia proiettando nell’immaginario dei lettori l’idea che il pilota romano abbia trionfato durante la gara.

Attenzione, l’informatività (vale a dire la quantità di informazioni contenute in un periodo) non dipende strettamente dal tipo di titolo. In linea di massima è vero che i titoli narrativi spiegano con più chiarezza il senso della storia ma anche un titolo iconico può essere più o meno ricco d’informazioni:

Scuola, le date del prossimo anno
Lunedì 13 settembre il ritorno sui banchi per la maggioranza degli studenti, anticipo in Trentino. La maturità 2011 inizierà sempre il 22 giugno. Il 25 Aprile coinciderà con Pasquetta


Il titolo ci spiega, senza forme verbali, che sono uscite le date del prossimo anno scolastico ma quando effettivamente inizierà la scuola possiamo apprenderlo soltanto leggendo il sommario. Viceversa:

Scuola, si ricomincia il 13 settembre
Le date del nuovo anno scolastico: la maturità 2011 inizierà sempre il 22 giugno, il 25 Aprile coinciderà con Pasquetta. Studenti trentini in aula prima degli altri


Questo è un titolo che ci fornisce subito un’informazione pratica, un dato effettivo e utile, a valle del quale se ne possono condividere altri, che riteniamo di secondo piano, attraverso il sommario. Sulla base di questa prima distinzione proviamo a complessificare un pochino il ragionamento recuperando l’analisi che su questo tema forniscono Anna Maria Lorusso e Patrizia Violi (Semiotica del testo giornalistico, Laterza, 2004). I titoli, secondo le due semiologhe, potranno essere:

- Narrativi: quando raccontano i fatti (dunque prevalentemente attraverso una forma verbale)
- Iconici: quando sintetizzano la notizia e la spettacolarizzano (ricorrendo in genere a un’immagine recuperata dal testo)
- Patemici: quando investono sulla partecipazione emotiva del lettore
- Interpretativi: quando forniscono al lettore una chiave di lettura della notizia

Ogni titolo può inoltre variare per:

- Informatività (la quantità di informazioni che contiene)
- Tematizzazione (come inquadra un fatto)
- Tonalità emotiva (se drammatizza, contiene sfumature ironiche ecc.)
- Rapporto con l’immagine (il titolo può integrarsi più o meno con i contenuti visivi)
- Organizzazione frastica (in che modo occhiello, titolo e sommario dialogano fra loro)


La morfologia

A volte può essere utile farsi ispirare da titoli di film molto noti, brani musicali, opere letterarie di una certa popolarità… scampoli di “enciclopedia” comune che possono restituire, magari attraverso un gioco di parole, il senso dell’articolo e motivare il lettore a leggerlo. Bisogna ovviamente scegliere riferimenti a opere o eventi sufficientemente noti per non incorrere nel rischio della “decodifica aberrante”.

Inoltre nella composizione del titolo è importate tenere presente il contenuto visivo della pagina: soprattutto nei settimanali e nei mensili il dialogo fra titolo e immagine è determinante, ma sempre più spesso anche sui quotidiani, specialmente quelli d’opinione, i titoli “giocano” con il contenuto visivo, alludono a circostanze note alla comunità dei lettori che possono così decodificare gli elementi impliciti della notizia, quelli che l’autore e il lettore danno per scontati.

Una struttura è quella di anteporre il nome del protagonista, nella posizione della keyword, facendolo seguire dalla mimesi del parlato (spesso senza virgolette, per non appesantire graficamente la pagina):

La Consulta: "No alle ronde in situazioni di disagio sociale"


Oppure (per toccare un argomento “doloroso” degli ultimi giorni…):

Lippi: La responsabilità è mia
Montolivo: Eravamo come ipnotizzati


Come vedete il discorso diretto è piuttosto diffuso nei titoli, questo perché risponde a un obiettivo di immediatezza che appartiene soprattutto al giornalismo di cronaca. Il discorso diretto e quello indiretto si possono alternare secondo diverse formule:

"Intossicato dalla mozzarella blu"
A Padova un uomo sotto analisi


Lecco, denuncia contro i Carabinieri
"Mi hanno preso a calci e torturato"


Strage di Viareggio, 18 indagati
La procura: "Indagini non ancora concluse"


È una conferma sul fatto che l’alternanza fra mimesi e diegesi rappresenta un tratto distintivo della scrittura giornalistica in grado di elevare il ritmo e tenere desta l’attenzione dei lettori favorendo allo stesso tempo l’inserimento di molte informazioni in poco spazio.

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